giovedì 24 aprile 2014

.....quando siamo noi genitori ad avere bisogno dei figli

Mentre in passato esistevano le malattie psicologiche provocate dalla rigidità delle regole, che costringevano lo sviluppo individuale entro una rete asfissiante di sensi di colpa, e di rimorsi, non consentendo mai di sentirsi a posto con la propria coscienza, oggi è molto diverso. Paradossalmente un clima di gratificazione e di troppo forte coinvolgimento emotivo ostacola lo sviluppo del sé, soprattutto se la madre o il padre riversano sul figlio attese eccessive, quasi onnipotenti, oppure se il figlio serve ad allontanare le loro ansie e le loro depressioni. 
Sempre più spesso fin dalla nascita portano già il peso delle nostre aspettative: attesi con trepidazione, posti al centro della famiglia su di loro concentriamo speranze e proiezioni come se fossero di supporto alla nostra identità di adulti, facendoci sentire così indispensabili.
Gli psicoanalisti parlano di questo particolare rapporto narcisistico che può legare i genitori ai figli ove più che amare e vedere il figlio per quello che è, si trasferiscono su di lui desideri e aspettative disilluse dalla nostra vita obbligando il bambino a recitare una parte non sua.
Così i figli crescono perdendo il senso dei propri limiti, alimentati da un narcisismo che li porta a vedere esclusivamente se stessi. Desiderano solo attenzioni e regali, e invariabilmente consumano tutto quanto ricevono, con una fame incessante di cose nuove, che esistono per lo spazio di un attimo, per poi lasciare un costante senso di vuoto.
....nelle generazioni passate tutto veniva riutilizzato, riparato e passato ad altri, oggi si vive in una società dove ogni cosa ha vita breve e viene subito buttata.
soprattutto nei primi anni questo lasia segni profondi. gli oggetti vengono consumati senza che si riconosca loro un valore, se non nell'attimo in cui vengono finalmente posseduti. troppo spesso si vedono stanze dei bambini piene di giocattoli scartati, accumulati in un angolo e ripresi saltuariamente. una volta posseduti vengono a perdere qualsiasi valore. Tale dinamica del desiderio e del rapido consumo crea un senso incessante di bisogno che abitua a vivere costantemente nell'attesa, con una voracità che non può essere mai soddisfatta.
In questa luce il sé dei bambini si sviluppa in modo fragile, troppo dipendente dalla gratificazione contingente e dalle rassicurazioni del possesso, che gli fanno da puntello......in questo clima familiare i bambini crescono chiedendo e imponendo il loro punto di vista, senza sviluppare capacità autoregolative.
La gioia e la soddisfazione derivano dal possesso e non dalla capacità di fronteggiare le situazioni e di vivere positivamente i rapporti.
Resi così deboli nel fronteggiare le frustrazioni e incapaci di tollerare le situazioni, non riescono a vivere positivamente i rapporti e le relazioni sociali.
L'ipertrofia del sè, alimentato dalla famiglia, viene a cozzare con gli altri e di fronte all'impossibilità di imporre il proprio punto di vista, questi bambini si ritirano risentiti.
E il paradosso è proprio questo: in famiglia sono apparentemente sicuri, addirittura prepotenti, mentre a scuola o con gli amici si sentono in difficoltà, tormentati da sensi di insicurezza o di vergogna.
Nella maggior parte dei casi il padre e la madre sono troppo coinvolti per riuscire a capire cosa stia succedendo, alternano comportamenti diversi: prima assecondano in ogni modo i figli, ma poi, quando la situazione diventa ingestibile, perdono la pazienza e possono anche diventare molto violenti.
C'è da chiedersi se questa indulgenza e questo assecondare i figli corrispondano a un'attenzione verso di loro o non piuttosto a una soddisfazione sostitutiva, destinanta inconsapevolmente a rispondere alle carenze e alle deprivazioni dei genitori, che troppo spesso vivono tramite i figli, assegnando loro dei compiti impossibili e idealizzandoli nelle loro fantasie.
------tratto da "Crescere con i figli" Massimo Ammaniti

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